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Quanto dura un processo di selezione? Chi lo stabilisce?
Una delle domande che viene posta con maggiore frequenza a un recruiter, sia esso interno o esterno all’azienda, è: “In quanto tempo troveremo questo profilo?”
Il Responsabile della selezione, per non deludere il proprio cliente interno o esterno, è spesso tentato dal fornire una risposta che sia la più rassicurante possibile: “subito!”, “immediatamente”, “in tempi rapidi”, sono spesso le risposte più gettonate.
Tutto ciò determina frustrazione in chi non raggiunge l’obiettivo come recruiter e delusione nel cliente che non vede il risultato arrivare nei tempi prestabiliti.
L’equivoco di fondo si risolve dando il giusto valore al fattore tempo.
Se il tempo è il fattore prioritario del processo di selezione, è opportuno chiarire che in questo modo diversi altri elementi passeranno necessariamente in secondo piano.
Pertanto, bisognerà accontentarsi di un profilo meno “skillato” in termini di competenze tecniche o trasversali, o di un candidato che ha avuto pretese economiche maggiori di quanto previsto, fino a dover a volte accettare una “scommessa” sull’effettivo allineamento del candidato al profilo ideale.
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Nel momento in cui gli elementi qualitativi del profilo selezionato rappresentano un fattore imprescindibile, il tempo dovrà necessariamente essere considerato un elemento che si riduce in termini di pesatura del processo.
Il cliente dovrà accettare di aspettare una tempistica, rispetto alla quale è possibile fornire una previsione più o meno attendibile solo in presenza di una prolungata esperienza da parte di chi opera nella selezione del profilo ricercato.
Chiarezza e condivisione sono alla base della giusta valorizzazione di un processo di selezione.
“Bluffare”, da entrambi i lati, sulla variabile tempo risulta alla fine controproducente e dannoso per cliente e fornitore.
Dare il giusto valore alla tempistica del processo diventa la soluzione più corretta e professionale.