La prossemica nel Management

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La prossemica nel Management

“Non si arriva mai a sparare il terzo colpo di cannone”

  • Il budget è una previsione o un obiettivo?

  • Il management è una scienza o un’arte?

  • Cosa significa prendere una decisione giusta? 

di Roberto Rigati

«Dove eravamo rimasti?».

«Dicevamo» rispose Andrea, il mio allievo, «che i manager devono imparare i fondamentali del loro mestiere, come del resto chiunque altro. Ma cosa definisce i fondamentali in quanto tali?».

«Sono le tecniche di base, quelle che consentono di lavorare giorno per giorno. Nello sport, sono quelle che ti consentono di partecipare a una gara. Nel calcio, sono fondamentali il passaggio, il cross, il tiro…».

«D’accordo, quindi sono le azioni che un manager, nella sua quotidianità, è chiamato a svolgere … indipendentemente dalla struttura che dirige, amministrativa, produttiva, commerciale, eccetera». 

«Già. L’efficacia e la professionalità di un manager si vedono sostanzialmente in due grandi ambiti: la sua capacità di prendere decisioni adeguate e ragionevoli, e la sua abilità nel convincere superiori e collaboratori della validità delle sue decisioni. Saper decidere e saper convincere. È davvero tutto qui».

«Quindi tutto il corpus delle competenze manageriali – so che ne sono state contate una quarantina – può essere fatto rientrare in queste due categorie?».

«In linea di massima sì. E in questo senso si può dire addirittura che esista un metodo, un modo di pensare, che sottende entrambe le categorie: quella che chiamiamo prossemica. Te ne ricordi una definizione?».

«Beh, sì, consiste nell’agire per ridurre le distanze in ogni ambito…».

«Non si tratta tanto di avvicinare, quanto di trovare la distanza giusta. Se avvicino quanto basta (non oltre) teoria e pratica, pensiero e azione, futuro (gli obiettivi) e presente (le azioni concrete), ciò che dico e ciò che faccio, otterrò una linearità di comportamento, un’autenticità nelle relazioni, una evidente coerenza, una qualità delle decisioni, che permetteranno di raggiungere i miei obiettivi con minor sforzo, agendo positivamente sulla mia leadership, sulla motivazione dei miei collaboratori, e sulla mia stessa assertività. La convinzione nelle proprie decisioni, l’autenticità della nostra comunicazione – e la nostra coerenza – sono fondamentali per il successo».

«Mmh. Devo confessare che il principio, istintivamente, mi piace, ma avrei bisogno di capirlo più in profondità».

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«Partiamo dalle decisioni. Quante volte si rivelano sbagliate, o inapplicabili, per carenza di prossemica! Un obiettivo è irrealistico se è troppo lontano dalle risorse disponibili, ma non è abbastanza ambizioso se non richiede nessuno sforzo per conseguirlo. Se aspetto di avere tutti gli elementi per decidere (cioè cercando di avvicinare troppo la decisione alle informazioni disponibili) rischierò di non decidere mai, e un certo rischio devo sapermelo prendere. Ma se prendo una decisione senza basi abbastanza solide, cioè se accetto una distanza eccessiva tra decisione e informazioni, correrò un rischio troppo grande. Ti è più chiaro?».

«Sì. E per ciò che riguarda i collaboratori?».

«Lì è ancora più evidente. Se li pago troppo, accetto una distanza eccessiva tra costi e obiettivi aziendali, ma se li pago troppo poco ne perseguo una troppo bassa… e perderò i migliori. Se indico obiettivi troppo ambiziosi non li raggiungeranno mai: avrò cercato una distanza eccessiva tra le loro possibilità e i traguardi. E ancora: se mi prodigo a spiegare a tutti il perché degli obiettivi, glieli avvicino; se non lo faccio, li allontano. E così via».

«Giusto…» fece Andrea, meditabondo, “Solo, mi pongo una domanda: come si trova la distanza giusta, ammesso che esista?».

«Eh, questa è la domanda delle domande! Non esiste l’unità di misura per questo tipo di distanza… Ahimè, solo a posteriori sappiamo se abbiamo trovato la distanza giusta».

«Qualcuno direbbe che è un ragionamento poco manageriale».

«Lo so bene. Per decenni il management si è ammantato di scientificità, predicando che tutto deve essere prevedibile, misurabile. Ma la prassi ci dice che il management somiglia molto più a un’arte. Del resto, quando ci sono di mezzo le persone, quasi mai si può ragionare in termini di scienza esatta. Vale persino per l’economia».

«E allora come si fa a decidere a quale distanza porsi?».

«Le variabili sono così numerose che una situazione è non è mai esattamente uguale a una precedente. Pertanto non si può che procedere per progressive approssimazioni, un po’ come un artigliere».

«Un artigliere?!».

«Sì. Quando un artigliere punta il cannone su un bersaglio, sa che è improbabile colpirlo al primo colpo, per quanto accurati possano essere i calcoli trigonometrici e balistici. Un artigliere molto bravo colpisce il bersaglio al terzo colpo. Ora, io come manager so che la mia prima decisione si avvicinerà alla distanza ottimale, ma non la troverà con precisione assoluta, e solo per successive approssimazioni troverò un approccio adeguato. All’inizio dovrò contentarmi di vedere dei sintomi che mi dicano solo di aver preso la direzione corretta, e credimi: è già molto».

«Ma l’azienda vuole vedere dei risultati al più presto possibile».

«Sì, ma se la decisione era corretta, dei risultati più o meno incoraggianti saranno arrivati. Il punto semmai è: il budget è più una previsione, o un obiettivo? Va raggiunto a tutti i costi, o va accettato che ce ne si scosterà in una certa misura? E quale sarà questo scostamento accettabile?».

«E anche questa distanza va trovata: quella accettabile tra prestazione e obiettivi… Ma in questo modo si rischia di non vedere la fine! Si continua a dire che nel mondo di oggi non si possono più fare previsioni attendibili a medio termine perché le condizioni del mercato cambiano continuamente, e qui lei mi sta dicendo che ci vuole più di un anno – a essere ottimisti – prima di centrare il bersaglio!» protestò Andrea.

«In effetti questo è un paradosso del management di oggi: si dovrebbe colpire il bersaglio al primo colpo, ma non avviene quasi mai. Per tornare ai cannoni, il nostro dirigente non riesce mai a poter sparare il terzo colpo. Bisogna accontentarsi, sempre più spesso, che una decisione si avvicini al bersaglio, ma probabilmente senza colpirlo perfettamente. Per questo le aziende oggi sono così caute nel fare investimenti».

«Stamattina lei mi parlava dei fondamentali del mestiere di manager» disse Andrea, «ma che nesso c’è tra i fondamentali stessi e questa necessaria approssimazione?».

«Il primo dei fondamentali è proprio questo: il manager non deve mai scordarsi che il suo è un mestiere artigianale, non scientifico, e che – benché la sua attività debba portare risultati economici – non può che confrontarsi con variabili spesso qualitative, non quantitative, dalla misura inesatta e scarsamente prevedibile. Di conseguenza, deve procedere per successive approssimazioni. È quindi più importante accertarsi di aver imboccato la strada giusta, rispetto al sapere che la velocità è quella prevista. Cominciamo con l’accertarsi che le nostre decisioni ci porteranno nella direzione desiderata: solo dopo decideremo se aumentare la velocità».

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Roberto Rigati
Executive Coach
Executive Coach dal 2007, Mentor Coach con credenziale PCC (Professional Certified Coach) dell’International Coaching Federation, ha fondato l’Accademia del Coaching Prossemico©, metodo creato dopo anni di sperimentazione all’interno della scuola stessa. Autore di saggi (Si fa presto a dire manager e L’Eroe 6 Tu), relatore a convegni, trainer a centinaia di seminari sullo sviluppo manageriale.

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