Settimana corta: innovazione o strumento già vecchio?

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Settimana corta: innovazione o strumento già vecchio? 

di Luca Costanzo

Il governo del Belgio ha recentemente avanzato la proposta di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni (senza riduzione dello stipendio ma a parità di ore settimanali lavorate), garantendo quindi ai dipendenti la possibilità di allungare la durata del fine settimana. 

L’iniziativa è inclusa in un pacchetto di riforme che prevede anche il diritto di spegnere i dispositivi aziendali ed ignorare i messaggi “di lavoro” al termine della giornata lavorativa. 

L’obbiettivo è quello di introdurre un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata ed ha acceso un forte dibattito anche in Italia; ma alcune domande e riflessioni penso siano spontanee.

La “settimana corta” è un modello replicabile in ogni paese?  Garantisce sempre e comunque il così detto “work life balance”?

In base ai dati OCSE l’Italia risulta tra i primi paesi in Europa per ore lavorate settimanalmente; tre ore in più rispetto alla media europea ed addirittura sette ore in più rispetto ad un paese come la Germania. 

In un paese dove lo “straordinario” è considerato “ordinario” una riduzione delle giornate di lavoro a parità di ore settimanali totali lavorate è realmente un beneficio per la persona?

La sensazione è che il suddetto beneficio  sia solo un illusione dettata dalla prospettiva di un fine settimana più lungo ma che concretamente questo vantaggio venga annullato da ritmi e mole di lavoro difficilmente sostenibili in meno giorni lavorativi. 

Il rischio è di ottenere come risultato non solo un calo di produttività e di qualità della prestazione lavorativa ma anche che si annulli il beneficio in termini psicofisici della giornata di riposo aggiuntivo; traducendosi solo in una giornata di recupero da ritmi di lavoro esasperati. 

Il paradosso è che un cambiamento pensato per migliorare la qualità della vita delle persone; nel medio lungo periodo potrebbe portare ad un aumento di casi di “burnout” dettati dall’arrivare al tanto agognato “fine settimana lungo” con tutti gli impegni e le scadenze rispettate e la coscienza “pulita”. Diversi studi, del resto, portano ad evidenziare come alcune tra le cause di burnout riguardino impegno esagerato, aspettative eccessive, sovraccarico di lavoro ed incapacità a dire di no.

Credo sia quindi giusto porsi la domanda:

È la “settimana corta” la giusta direzione da seguire nell’ottica di raggiungere una migliore qualità vita-lavoro?

Nel cercare una risposta è interessante riflettere su quanto affermato dall’imprenditore Brunello Cuccinelli durante la presentazione del suo modello di fabbrica contemporanea[1]: “E’ diventato chic essere stravolti dal lavoro ma in fondo abbiamo una marea di perdita di tempo, tempo che togliamo alla nostra anima” . 

Sempre secondo Cuccinelli, oggi si lavora dodici anche tredici ore al giorno e questo non va bene, c’è bisogno di un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata.

Riflettendo su queste osservazioni probabilmente, quello di cui necessitano veramente le persone non è un weekend più lungo dove cercare di concentrare tutte le attività personali che non è possibile svolgere durante la settimana ed allo stesso tempo godere del recupero psico fisico necessario; ma di una maggiore flessibilità che di pari passo con una migliore organizzazione del lavoro permetta di conciliare le esigenze personali con quelle lavorative.

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Fare una visita medica, prendersi cura di un familiare, seguire un figlio nelle attività scolastiche e ludiche o anche solamente andare in banca o ritagliarsi del tempo per fare sport non possono trasformarsi in attività da pianificare ed incastrare nei pochi giorni del fine settimana, facendole diventare di fatto un “secondo lavoro”.

Il periodo pandemico da Covid 19 ha forzatamente introdotto, dove possibile, lo smart working. Questo scenario ha aperto la strada ad una diversa visione del modo di lavorare; si è visto che almeno per certi tipi di mansioni e professioni si può essere produttivi senza necessariamente essere presenti in ufficio e senza essere legati a rigidi schemi di orario di lavoro.

Il concetto di lavoro per obbiettivi è diventato il punto centrale nel valutare i risultati e le prestazioni lavorative. 

Questo approccio ha cambiato anche il modo di vivere il lavoro da parte delle persone che hanno visto come sia possibile lavorare efficientemente in modo flessibile conciliando la vita privata con la vita lavorativa, ottenendo un risparmio sia in termini di tempi che di costi legato ai minori spostamenti per il tragitto casa-ufficio.

A conti fatti, penso si possa considerare questo il vero strumento per garantire un reale bilanciamento vita-lavoro facendo diventare la “settimana corta” uno strumento già “vecchio e nei fatti superato dal lavoro agile.

È certamente chiaro ed evidente come questa non possa considerarsi la soluzione univoca ed applicabile in tutti i contesti e luoghi di lavoro. Pensiamo ad un operaio, un commesso ed a tutte le altre attività lavorative dove la presenza ed il contatto personale con il cliente sono necessari e non sostituibili.

In questi casi la settimana corta può essere un vantaggio ma deve essere accompagnata da regole chiare e condivise con gli stessi lavoratori ed i loro rappresentanti.

Sarebbero inoltre necessarie una serie di riforme volte ad abbassare il costo del lavoro ed il così detto “cuneo fiscale”. Questo consentirebbe non più di ragionare nell’ottica del lavorare un giorno in meno a parità di ore settimanali e di salario ma, a parità di salario, lavorare meno ore settimanali creando spazi per nuovi posti di lavoro dedicati, per esempio, a quella categoria di lavoratori in cerca di un part time per esigenze personali.

Inoltre, è sempre più necessario continuare sulla strada delle “riforme di welfare” volte a migliorare l’equilibrio lavoro-vita privata.

Un piccolo passo è stato fatto con la recente legge di bilancio che ha incrementato a 10 giorni il congedo di paternità remunerato al 100%.

Un ulteriore miglioramento si otterrà con la recente approvazione ed entrata in vigore del “Family Act” che porta ad una prima riforma strutturale delle politiche familiari. Si evidenzia in particolare la riforma dei congedi parentali, con congedi di paternità obbligatori e strutturali e la relativa estensione a tutte le categorie professionali nonché l’introduzione di incentivi al lavoro femminile ed al lavoro flessibile.

Penso quindi che ad oggi, sia il lavoro agile unitamente alle riforme di welfare familiare e personale la via maestra da seguire considerando ove non possibile applicarlo, la “settimana corta” una valida opzione se ben strutturata e regolamentata di concerto con i lavoratori e le rispettive categorie di rappresentanza e dopo un attenta analisi costi benefici.

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Luca Costanzo
Ho un' esperienza pluriennale nelle aree controllo di gestione, amministrazione del personale e contabilità. Negli anni mi sono appassionato all’ambito welfare aziendale ; compensation & benefit seguendo corsi di formazione su questi temi

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