Il New Normal- il Lavoro Agile del futuro

 

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Il “New Normal”: il Lavoro Agile del futuro

di Elziario Rinaldo

Che lo smart working sia diventato una modalità di lavoro utilizzata all’interno di tantissime realtà aziendali e pubbliche amministrazioni è fuori dubbio.
Negli ultimi mesi, però, parte della dottrina si sta interrogando sulla possibilità di trasformare il lavoro agile da modalità di lavoro di emergenza, utilizzata per contenere il diffondersi dell’epidemia mondiale Covid-19, a modalità di lavoro ordinaria.

Si deve anticipare che moltissime realtà industriali hanno incontrato non pochi problemi nell’implementazione del lavoro agile all’interno della propria organizzazione; non a caso, è dimostrato che le aziende private e le pubbliche amministrazioni che avevano già sperimentato la suddetta modalità di organizzazione, già in tempi non sospetti, hanno riscontrato problematiche minori rispetto a quelle realtà in cui il diffondersi del lavoro agile è stato giustificato soltanto in ottica di contenimento della pandemia.
A titolo esemplificativo, come esempi di una Pubblica Amministrazione che, sin da tempi non sospetti, ha cercato di diffondere il lavoro agile all’interno della propria organizzazione, si possono citare l’esperienza di lavoro agile, avviata a partire dal 2014, all’interno del comune di Milano e il progetto smart working della Regione Liguria, avviato a partire dall’agosto del 2018 a causa del crollo del ponte Morandi, al fine di limitare i disagi negli spostamenti casa- lavoroSicuramente, le pubbliche amministrazioni menzionate hanno riscontrato problematiche inferiori rispetto a quelle che hanno attuato la suddetta modalità lavorativa, per la prima volta, in ottica di contenimento dell’epidemia Covid-19.

Molte difficoltà nell’attuare il lavoro agile, però, sono state riscontrate anche nel settore privato; in particolare, da parte di molte aziende private che non avevamo quasi mai utilizzato questa nuova modalità di lavoro.
Si deve ricordare che la soddisfazione dei dipendenti delle realtà industriali e delle pubbliche amministrazioni nei confronti del lavoro agile resta alta, con la speranza di poter usufruire di tale modalità di lavoro anche nel futuro, in quanto capace di garantire maggiormente una flessibilità dei tempi di vita e di lavoro.

La trasformazione del lavoro agile da modalità di lavoro emergenziale a modalità di lavoro ordinaria presuppone, però, una valutazione complessiva degli effetti positivi e di quelli negativi anche all’interno dell’organizzazione medesima; oltre a garantire una flessibilità dei tempi di vita e di lavoro, si richiede una trasformazione dell’organizzazione aziendale e delle pubbliche amministrazioni, al fine di poter garantire comunque la quantità e la qualità dei servizi offerti, nonché la possibilità da parte del datore di lavoro di poter controllare l’attività posta in essere da remoto da parte del dipendente; in altri termini, alla base di un’organizzazione aziendale volta a garantire l’espletamento delle attività lavorative dei dipendenti da remoto, vi deve essere il rispetto di una serie di principi, già enunciati dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, quali un’organizzazione del lavoro Result Based, lo sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti e delle dotazioni tecnologiche presenti, nonché la creazione dello Smart Office.

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Un’organizzazione del lavoro Result-Based presuppone un cambio di cultura; vale a dire, la capacità di un’organizzazione di generare autonomia e responsabilità nelle persone, riconoscerne il merito e sviluppare talenti verso l’innovazione e il cambiamento.
In altri termini, un approccio Result-Based responsabilizza i dipendenti che lavorano da remoto anche nella valutazione dei risultati ottenuti al fine di migliorare la produttività aziendale.

Non si più negare che, nella costruzione di una realtà aziendale fondata sullo smart working, un ruolo di grande importanza è assunto dalle dotazioni tecnologiche presenti in azienda; non si può immaginare, infatti, che possa essere implementato un progetto smart working senza garantire ai dipendenti le dotazioni necessarie al fine di poter effettuare l’attività lavorativa da remoto.Si deve ricordare che sono state moltissime le aziende che hanno dovuto investire in dotazioni tecnologiche, a causa della mancanza delle medesime, al fine di organizzare le prestazioni da remoto dei dipendenti. In molte pubbliche amministrazioni, a titolo esemplificativo, è stato persino richiesto ai dipendenti di utilizzare le strumentazioni tecnologiche personali al fine di poter effettuare la prestazione lavorativa.

Si richiedono, quindi, sia all’interno delle aziende private che nelle pubbliche amministrazioni, maggiori investimenti in dotazioni tecnologiche al fine di progettare il lavoro agile come modalità di lavoro ordinaria.
Oltre alle sufficienti dotazioni tecnologiche, un progetto smart working deve essere basato sullo sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti chiamati a lavorare da remoto; in altre parole, è necessario sviluppare le competenze dei lavoratori, trasversali rispetto al profilo professionale di ciascuno, e consentire la loro certificazione.

Negli ultimi mesi, infatti, si sta ragionando molto anche sulla possibilità di garantire lo sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti della pubblica amministrazione e sulla loro formazione continua, riprendendo quanto già sancito, in precedenza, anche da parte della direttiva n. 3 del 2017.

Infine, si deve ricordare che un progetto smart working ordinario deve essere fondato sulla costruzione di uno Smart Office; vale a dire sull’evoluzione dell’ufficio tradizionale in un ambiente nuovo di lavoro capace di garantire spazi flessibili, il benessere individuale e l’introduzione delle tecnologie digitali.
A titolo esemplificativo, si può ricordare che grandi aziende come la farmaceutica Sanofi e Bayer Italia, al centro di una riorganizzazione aziendale fondata sulla valorizzazione dello smart working, hanno inserito la possibilità di garantire al dipendente che lavora da remoto non solo un mouse e un computer, ma anche una lampada e una sedia ergonomica. Ci sono anche altre realtà aziendali, in verità, che hanno contribuito alle spese di casa affrontate da parte dello smart worker per l’espletamento della propria prestazione lavorativa.

In conclusione, come già affermato anche da parte dell’Osservatorio Smart Working, si deve ritenere che le competenze digitali, le dotazioni informatiche, un’organizzazione Result-Based e la creazione dello Smart Office rappresentano i pilastri su cui fondare il “new normal”, il lavoro agile del futuro.

 

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Elziario Rinaldo
Ho 25 anni e sono da sempre appassionato del mondo HR. A 24 anni ho conseguito una laurea magistrale in giurisprudenza e a breve inizierò un master in Management delle Risorse Umane in Radar Academy. Non vedo l'ora. Una mia breve descrizione? Giovane, solare e con tanta voglia di imparare.

 

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