cambiamenti dei dipendenti

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Come chiedere dei cambiamenti ai propri dipendenti

Cambiare non è facile: richiede energia e disponibilità ad uscire dalle abitudini, dalla così detta zona di comfort, dal “così si è sempre fatto”. Se non è facile per sé stessi, figuriamoci quando a cambiare devono essere altri non per loro sponte ma solo perché qualcuno a cui non possono dire di no -cioè il loro capo- glielo ha chiesto. Ma, quando ci si organizza a chiederlo con concetti, parole e modi appropriati, è molto più facile trasformare le resistenze in un sì convinto. Anche da parte dei propri dipendenti.

di Massimo Fancellu

Una delle classiche gatte da pelare di imprenditori e manager è quella di far capire e accettare ai propri dipendenti le nuove scelte aziendali. Quasi sempre, infatti, le nuove strategie imprenditoriali implicano dei cambiamenti anche per il personale a cui è chiesto di adottare nuovi comportamenti, di acquisire nuove competenze o di assolvere nuove mansioni.   

Non sempre e non così facilmente, però, i collaboratori colgono il senso di queste richieste: in molti casi, le persone vivono come un’imposizione piuttosto che come un’opportunità cambiare qualcosa nella propria routine lavorativa.   

Questa è la situazione in cui, ad esempio, qualche anno fa si trovava la seconda generazione di titolari di un’azienda storica di abbigliamento con diversi punti vendita nel nord Sardegna. I giovani imprenditori, infatti, poco dopo aver preso le redini dell’attività di famiglia, si sono resi conto della necessità di innovare le loro strategie di vendita e il loro approccio al cliente per far fronte alle esigenze di un mercato molto più competitivo.    

Maturando ben chiara l’idea che, per affrontare le nuove sfide del mercato, era necessario anche dare una svolta nella gestione del personale. Era necessario spronare i collaboratori a riconsiderare in modo diverso il contatto coi clienti, a mettere più presenza, più competenza e più coinvolgimento nel modo di svolgere il loro lavoro in negozio. Un obiettivo non facile quando devi chiederlo a dipendenti abituati per anni a confrontarsi con tempi meno difficili dove, anche se fai la metà di ciò che ti chiedono, il fatturato non ne risente più di tanto.

Come chiedere tutto questo? Come affrontare la riunione in modo da gestire eventuali resistenze, obiezioni e far passare positivamente questi concetti? Il modo di presentare la richiesta e di comunicare diventa dirimente, è evidente.

È proprio in questa fase, alle soglie di questa nuova stagione nella relazione coi propri collaboratori, che sono intervenuto con il gruppo di giovani imprenditori per aiutarli a rendere più semplice e fattibile questo processo con un percorso di coaching. 

Gli elementi e le domande da non trascurare per arrivare preparati all’incontro coi collaboratori

Per condurre con successo una riunione con obiettivi di questo tipo servono diversi elementi: serve inquadrare lo scenario, servono ascolto, empatia, ordine logico di ragionamento, richieste specifiche e, non ultima, la disponibilità a ringraziare. 

Per arrivare all’incontro coi dipendenti senza annaspare o cascare dal pero, nessuno di questi elementi può essere trascurato; alcune domande a monte ci aiutano a farlo. Domande che un management responsabile, coi piedi per terra e orientato al risultato deve prendere la briga di farsi e a cui è chiamato a rispondere con sincerità.

Che cosa è successo nel mercato ultimamente? E in azienda? Ci sono stati cambiamenti degni di nota? Domande di questo tipo servono a inquadrare lo scenario nel quale ci si muove.

Altre domande aiutano a evidenziare, invece, l’aspetto empatico della relazione coi collaboratori: In che modo questi cambiamenti hanno impattato o stanno impattando sui dipendenti? Si sono trovati a fare sforzi in più o a subire maggiori carichi di difficoltà o stress? Con quale stato d’animo si apprestano a partecipare alla riunione col management? Cosa il dipendente ha già fatto per l’azienda che gli puoi riconoscere e per il quale può essere utile ringraziarlo?

Altre domande ancora sono utili per capire in che modo stimolare all’azione, quindi al cambiamento atteso, le persone: Che cosa effettivamente si può chiedere in più a quel dipendente? Cosa serve che impari se quanto richiesto non è per ora alla sua portata?  Come fare in modo che lo impari?

Ci sono due punti che è necessario toccare per stimolare all’azione i propri collaboratori:

  • Dire cosa di nuovo, di oggettivamente diverso si sta chiedendo loro di fare
  • Spiegare cosa guadagnano, otterranno se aderiranno a ciò che si sta chiedendo / Cosa perderanno o cosa succederà se non aderiranno a queste richieste

Nella fase conclusiva, la richiesta di stimolo all’azione può essere presentata/gestita in due modi diversi:

  • Sottoforma di ordine, di direttiva che i dipendenti sono chiamati ad eseguire (si spera, il più possibile di buon grado)
  • Con un patto fra management e collaboratori: questo avviene quando, anziché imporre, si chiede ai dipendenti la disponibilità a impegnarsi per onorare le nuove richieste della direzione. Un patto è più forte e impegna di più le persone rispetto a un ordine ma prima di usarlo è bene che il management crei e poi verifichi se ci sono le condizioni idonee per proporlo senza rischi (ovvero, senza ricevere un rifiuto da parte dei dipendenti).

Questo è il percorso con cui ho aiutato il gruppo dei giovani imprenditori miei clienti a prepararsi alla riunione con la loro forza vendita, partendo proprio dal fare chiarezza grazie a queste domande.
E sempre per avere chiarezza, gli imprenditori partecipanti decidono anzitutto di costruire uno strumento per valutare le prestazioni attese dai collaboratori: su questa base, chiedo loro di
individuare in modo specifico quali sono i nuovi comportamenti concreti che vogliono far adottare al loro staff di vendita. 

«Presentarsi in orario al lavoro», «Aggiornarsi sulle nuove tendenze della moda», «Imparare l’inglese» sono solo alcuni esempi dei messaggi/esigenze che vogliono trasmettere al loro personale.
A questo punto, intervengo con alcune domande mirate:
«Come mai volete trasmettere loro proprio questi messaggi? Qual è lo scopo?». Lo scopo, mi dicono, è far capire loro che «siamo cambiati, che alcune condizioni di lavoro sono diverse rispetto a prima e che tutti dobbiamo prenderne atto».

«Benissimo», rispondo io, «ora mettetevi nei panni dei vostri collaboratori: se foste voi i dipendenti e i vostri capi vi chiedessero queste cose, che cosa pensereste? Come reagireste?».

La loro risposta è un bellissimo esempio di onestà intellettuale, di apertura e sincerità, base ideale per cambiare davvero le cose: «Che queste cose le stiamo già facendo o, quantomeno, che ci sono già state chieste altre volte in precedenza! Insomma, che in qualche modo non le prendiamo troppo sul serio!».

Intervengo ancora: «Quindi il punto è far capire ai dipendenti che veramente le cose stanno cambiando e che devono necessariamente cambiare per stare al passo col mercato, che non sono più richieste da prendere sottogamba come in passato».

Questo è un punto cruciale nei processi di cambiamento strategico e organizzativo delle imprese: come portare “chi ci ascolta” a dare un senso nuovo a messaggi vecchi, triti e ritriti? Come fare in modo che ciò che chiediamo non entri in un orecchio ed esca dall’altro come sempre avvenuto fino a quel momento? 

Per introdurre un’innovazione o, in generale, un qualsiasi cambiamento in azienda, è necessario farlo con un insieme di messaggi semplici, chiari e sintetici che facciano capire bene che questa volta si fa sul serio.

Quali parole usare? Per trovare “le parole giuste”, mettersi nei panni degli altri e, nello specifico, dei dipendenti, aiuta, e pure tanto.

Il fatto è che, spesso, la fretta prende il posto della visione più ampia e d’insieme: infatti, molti dirigenti e imprenditori si concentrano sulla contingenza, cioè su cosa bisogna fare tutti i giorni nel pratico. Il che non è che non vada bene ma, quando ci si dimentica di spiegare ai collaboratori il senso di quello che fanno,  in quale direzione sta andando l’azienda e cosa ci si aspetta da loro, è difficile pensare di cambiare veramente qualcosa.

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Dunque, quali messaggi per motivare al cambiamento?

«I messaggi per presentare un cambiamento dovrebbero avere un ordine che porti le persone a riconoscere la ragionevolezza della vostra proposta», spiego ai miei clienti, «il messaggio, i messaggi dovrebbero quindi essere concatenati dal generale allo specifico, in un percorso a imbuto che porti i dipendenti a comprendere qual è la vera importanza di imparare l’inglese, aggiornarsi sulle tendenze moda, ecc.».

Disegno una specie d’imbuto alla lavagna e chiedo: «Quindi, quali sono i messaggi che dovreste dare ai vostri dipendenti?».

I miei allievi sono svegli e sanno come essere sintetici. Presto emergono le ragioni che hanno spinto proprietà e management (quasi la stessa cosa, dato che parliamo di un’azienda familiare) a rivedere la propria organizzazione aziendale. Motivazioni che questi imprenditori avevano già in mente ma che non sono altrettanto chiare ai loro dipendenti. E qui sta il punto: solo adesso questo gruppo di imprenditori si rende conto che, di queste ragioni, il loro personale sa ancora ben poco (anche se, in teoria, avrebbero dovuto saperlo).   

L’obiettivo, quindi, è quello di spiegarle meglio ai dipendenti e per farlo in modo efficace non basta preparare un discorso logico e ben costruito ma “freddo” (privo, cioè, di umanità). Il rischio di essere fraintesi sarebbe alto; infatti:

non si può prescindere dall’usare l’empatia con i propri dipendenti né dal considerare le loro ragioni.

Se chiedi qualcosa a qualcun altro (i tuoi collaboratori, in questo caso), serve sia spiegare le ragioni della richiesta, che far capire cosa serve esattamente. Ma questo non basta.

Il più delle volte è necessario riconoscere ciò che è stato fatto e ringraziare per questo. Un riconoscimento sincero, di valore; un po’ di comprensione per chi lavora per noi; un po’ di empatia. Un segnale, insomma, che le ragioni dell’altro (del dipendente, in questo caso) sono state comprese.

Come si è concluso il percorso di coaching? Con la creazione di un modello, di una scaletta sulla base della quale questo gruppo di imprenditori ha, in seguito, impostato con successo l’incontro coi propri dipendenti.
Un modello che ha nell’empatia e nella gratitudine la sua particolarità e il suo punto di forza,
facile da applicare, con i dovuti adattamenti, in qualsiasi azienda ogni volta in cui emerge la necessità di chiedere qualcosa di nuovo ai lavoratori.
Ecco la scaletta completa del discorso preparato dai miei clienti per comunicare le nuove scelte aziendali ai loro collaboratori:

EMPATIA
Negli ultimi tempi abbiamo avuto diverse difficoltà e sappiamo di avervi già chiesto….

SCENARIO
– Il mondo sta cambiando…
– I clienti stanno cambiando…
– Noi siamo cambiati…

EMPATIA
– Sappiamo i sacrifici che avete dovuto sostenere anche voi e abbiamo apprezzato il fatto che…

STIMOLO ALL’AZIONE (O AL CAMBIAMENTO)
– Adesso, noi vogliamo …! Voi volete…?
– Vi chiediamo di…
– Ci impegniamo a…

Spero che leggere questo caso aziendale ti abbia dato suggerimenti e informazioni utili per affrontare con più efficacia le riunioni con i collaboratori, sia per introdurre cambiamenti in azienda che per migliorare la motivazione del personale e, quindi, i risultati anche della vostra organizzazione.

 

Questo articolo è offerto da:

Massimo Fancellu
Team & Business Coach, Mentor Coach, Formatore.
Coach professionista con credenziali PCC (Professional Certified Coach ) riconosciute da ICF (International Coach Federation); iscritto nel Registro internazionale dei Mentor Coach ICF. Specialista in Teambuiliding & Team coaching per lo sviluppo del lavoro di gruppo (formazione avanzata sui Team d’eccellenza maturata con MensLab Coaching & Training, Future Coaching Academy) e in Outdoor Management Training e attività esperienziali coi Team aziendali (formazione presso lo IEN – Istituto Europeo Neurosistemico di Genova). Ideatore di TEAM IN 3 PASSI, il metodo che - per gradi e senza forzare - trasforma realmente le persone che lavorano assieme in un Team affiatato, motivato e produttivo. Fondatore e Amministratore di Agape Consulting Sas, società che dal 2002 offre servizi di coaching, formazione & comunicazione. Dal 1996 lavoro come formatore in materia di Sviluppo del potenziale umano e comportamenti organizzativi. In particolare, mi occupo di dinamiche di gruppo, sviluppo dei Team aziendali, leadership, comunicazione, creatività e innovazione. Oltre a una Laurea in Economia (Università di Bologna), circa una trentina i master, i corsi e i seminari a cui ho partecipato in più di 20 anni, ad iniziare dal percorso “Formazione Formatori” presso l’ISMO di Milano e il percorso di Coaching con SUN (Success Unlimited Network), la prestigiosa scuola di coaching presente da oltre 30 anni in 5 continenti. Diversi, inoltre, anche i master con trainer di livello internazionale (R.Bandler, R.Dilts, J. Grinder & C. Bostic St Clair, S. Gilligan, E. De Bono). Discipline in cui ho sviluppato più competenze: Team coaching & Teambuilding, PNL e comunicazione ipnotica, Supervisione (osservazione e feedback su comportamenti e processi) e Mentor coaching (il “coaching ai coach” per migliorare il loro modo di fare coaching).

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