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Giovani: riflessioni sul mercato del lavoro
I giovani costituiscono una risorsa per il nostro paese: questa è la frase che abbiamo sentito ripetere troppe volte.
Certo la generazione dai 18 ai 24 anni e over 25- 35 sono state tra le più colpite dalle ultime crisi, accentuate dopo il 2008 in poi, che hanno costretto 2 milioni di giovani in Italia (dati del 2020), i c.d. neets, ad abbandonare i loro progetti e la speranza di formazione e inserimento lavorativo. Un fenomeno preoccupante in una società dove lo stesso costituisce l’essenza.
La realtà triste e all’armante vede i giovani affrontare un presente confuso e incerto senza che ci siano prospettive (il fallimento dei Centri per l’impiego e successivamente quello dei navigator è sintomatico della situazione).
Ma come si può riuscire ad affrontare questa piaga sociale per ricominciare a credere in un futuro migliore?
La domanda seppur complessa deve trovare risposte concrete, senza giri di parole, partendo dall’ io della responsabilità.
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Come mai i giovani non riescono a entrare nel mercato del lavoro non appena terminano i percorsi di studio tradizionali e quali sono i gap che devono affrontare?
In primis i titoli di studio (diploma, laurea, master) non sono la garanzia per poter affrontare il mercato di lavoro aperto esclusivamente a operai o venditori di merci e servizi. Il collegamento tra istruzione e mercato del lavoro è lontano dalle reali richieste dei datori di lavoro. Essi cercano personale affidabile e con esperienza nel settore che propongono.
Per il futuro bisogna rivedere tutti i percorsi di studio e rendere fattiva l’alternanza formazione – lavoro con agevolazioni statali e collaborazione (accettazione) degli imprenditori che così possano crearsi persone con le caratteristiche sopra menzionate.
Per il presente impegnarsi e sviluppare nuove competenze, fare selezioni e concorsi, colloqui con imprese e, dispiace dirlo, accettare lo “sfruttamento” e miseri compensi con la speranza che le proprie capacità ci rendano indispensabili alla crescita di una società civile giusta che guardi alla meritrocazia e non più alla esecrabile raccomandazione.
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