Tecniche di indagini e raccolta dati

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Tecniche di “indagine” e raccolta dati

di Rovena Bronzi

Per essere competitiva sul mercato, per creare un clima aziendale sano e costruttivo, per costruire e mantenere un team di lavoro motivato e produttivo, per evitare un aumento dei costi diretti e indiretti causati per esempio da alti livelli di turnover ed assenteismo, per un’ Azienda è di fondamentale importanza:

  1. indagare e raccogliere dati utili a capire e comprendere quello che i suoi dipendenti pensano e percepiscono, in particolar modo su questioni rilevanti quali la sicurezza, il clima aziendale, l’ambiente di lavoro, i rapporti interpersonali (sia verticali che orizzontali), i vari ambiti che rientrano nelle politiche del personale da essa adottate;
  2. indagare e raccogliere dati utili se non proprio “in tempo reale”, almeno periodicamente, in modo tale da poter intervenire in modo proattivo, più che reattivo.

Ma come può fare ciò? Sappiamo tutti benissimo come non sia facile per un dipendente di un’ Azienda, spontaneamente, rivolgersi ai propri superiori, raccontarsi all’ufficio HR, sollevare problematiche, segnalare conflitti interni e disagi, per un più che ovvio timore (infondato o meno) di ripercussioni o giudizi negativi sia da parte della Direzione che dei colleghi.

L’iniziativa di raccogliere informazioni, fare statistiche, effettuare valutazioni, monitoraggi e “indagini” interne, attraverso l’utilizzo di una serie di strumenti di indagine e raccolta dati, deve quindi partire dall’Azienda stessa.

1. Questionari (strutturati e standardizzati)

Il questionario è uno strumento molto diffuso di raccolta dati e informazioni.

Al suo interno vi possono essere:

domande chiuse (a scala, dicotomiche, a scelta multipla, a scelta forzata, ecc.) – sono tutte quelle domande che prevedono delle categorie o delle alternative entro le quali l’utente deve scegliere la propria risposta o attribuire dei punteggi;

domande aperte – sono tutte quelle domande che non prevedono delle risposte predefinite, ma lasciano totale libertà di espressione nel rispondere (eccetto eventualmente che per i limiti di spazio di risposta che l’utente ha a sua disposizione).

Le domande chiuse danno meno libertà di espressione, però permettono a chi raccoglie e analizza i dati di poterli gestire in modo più semplificato e standardizzato.

Le domande aperte possono creare più problemi a livello di confronto e gestione dati, ma oltre a dare più libertà di espressione, permettono all’utente di “buttar fuori” anche le sue emozioni e i suoi vissuti.

Quindi una possibile soluzione può essere quella di introdurre entrambi i tipi di domande.

In generale, i questionari possono essere distribuiti e ritrasmessi, una volta compilati, per via telematica (tramite intranet, email, ecc.) oppure cartacea (brevi manu o prevedendo dei punti di consegna e raccolta), così come possono essere compilati online o su carta: la scelta delle modalità dipende di solito dai temi affrontati, più i temi sono delicati e “sensibili”, più sono richieste riservatezza e privacy.

Così come la scelta di anonimato vs nominali, piuttosto che di partecipazione obbligatoria vs facoltativa, dipende dai temi trattati e dagli obiettivi che l’ Azienda necessita di raggiungere.

Altrettanto importante è che si definiscano e si pianifichino con attenzione la forma, la grafica, i contenuti, il lessico utilizzato (a meno che non si decida di rivolgersi a uno specifico target, deve essere chiaro e comprensibile per tutti).

Infine, è sempre importante essere chiari e trasparenti anche sugli scopi e nel far capire la loro importanza, in quanto così facendo, se la partecipazione non è obbligatoria, si invoglierà l’utente a parteciparvi, mentre se è obbligatoria, lo si renderà più interessato e partecipe nella compilazione.

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2. Colloqui e interviste

Colloqui e interviste rappresentano due modalità molto simili di interazione comunicativa tra due o più soggetti. Possiamo dire, in generale, anche se va sottolineato che non tutti gli studiosi concordano nell’affermare ciò, che si differenziano per lo scopo che si pongono e le modalità con cui si svolgono: mentre l’intervista è concepita come una lista di domande atte ad indagare determinati temi per valutare, raccogliere e confrontare dati, il colloquio è un’interazione, uno scambio reciproco di informazioni tra due parti.

Si parla di colloqui, per esempio, alla fine del periodo di prova/inserimento, a fine anno, alla fine o all’inizio di un rapporto di lavoro, nella definizione dei piani di carriera: occasioni queste importanti di scambio in cui il focus è e deve rimanere sulla persona con cui ci si sta interfacciando, solo secondariamente possono anche essere un’occasione utile a raccogliere informazioni sul clima aziendale e sull’ambiente di lavoro.

Si parla invece di interviste quando si somministra una lista di domande (proprio come un questionario) allo scopo mirato di indagare su importanti tematiche, fare sondaggi, statistiche interne, testare hard e soft skills (magari prima e dopo un percorso formativo), confrontare dati o raccoglierli per aggiornare i database aziendali.

Ricordiamo, infine, che entrambi possono rappresentare un utile strumento atto alla discussione dei dati raccolti nei questionari, per meglio capirne le dinamiche.

In generale, i colloqui e le interviste possono essere:

strutturati: le domande sono uguali per tutti gli utenti e, a priori, vengono definiti argomenti, tematiche, tempi, ordine delle domande, formulazione, tipologia – aperta o chiusa – ecc.;

non strutturati: le domande non vengono preparate ma scaturiscono in base agli argomenti e in base all’andamento dell’incontro, quindi saranno “personalizzate” di volta in volta;

semi-strutturati: è un alternarsi di domande strutturate e non strutturate.

La scelta del tipo di colloquio o intervista può dipendere, per esempio, dal livello di esperienza dell’intervistatore, dall’argomento trattato, dallo scopo, dal progetto in corso.

In alcuni casi, l’azienda può prevedere anche colloqui e interviste di gruppo, magari con task force di esperti o superiori di linea di diversi ambiti o creazioni di veri e propri focus groups.

Questi sono alcuni degli strumenti “ufficiali” che l’ Azienda può utilizzare, ma non dimentichiamoci che esistono anche altre modalità per indagare e raccogliere dati, ovvero:

3. Osservazione

Ovvero, osservare in modo attivo i dipendenti nelle loro attività professionali quotidiane, nella qualità e quantità degli obiettivi che raggiungono, nel modo in cui interagiscono tra loro e con i superiori, nella loro comunicazione verbale e paralinguistica quotidiana, cosi come negli indici di turnover o assenteismo: dati questi che dicono tantissimo, spesso molto più di qualsiasi questionario o colloquio/intervista.

4. Passaparola e analisi del “dicono di noi”

Infine, l’ Azienda può indagare e raccogliere dati anche grazie all’ascolto del passaparola e del “dicono di noi”, ovvero di quello che al di fuori “si dice” dell’ Azienda, anche e soprattutto a partire da quello che i suoi dipendenti dicono e raccontano di lei.

Attenzione!! Non stiamo naturalmente parlando di pratiche inammissibili quali il rivelare fatti di natura confidenziale, segreti di fabbricazione o di affari, ma, di semplici chiacchiere, sfoghi, lamentele che è normale e umano fare magari tra colleghi alla macchinetta del caffè o ad amici, parenti, conoscenti magari dopo un’estenuante e stressante giornata di lavoro!!!

Ascoltare il passaparola e il “quel che si dice” può davvero rivelarsi utile per fare il punto della situazione, per approfondire tematiche, per risolvere problematiche varie che difficilmente qualcuno avrebbe il coraggio di dire direttamente, per far “scattare campanelli d’allarme”.

Per concludere, come ultima riflessione, possiamo quindi definire alcune importanti fasi:

  1. pianificare e definire attentamente gli strumenti di raccolta dati e di indagine da utilizzare, in funzione del target, dei temi trattati, delle politiche del personale adottate, cercando dove è possibile di non limitarsi all’utilizzo di un solo strumento, ma di utilizzarne diversi per una visione a 360’;
  2. prevedere attentamente anche quali dovranno essere i tempi di distribuzione e riconsegna, ma anche, dove è possibile, di pubblicazione dati e intervento;
  3. motivare, spiegare gli scopi, coinvolgere il personale in queste importanti iniziative, facendo ben passare che gli scopi di queste “indagini” non sono quelli di far seguire azioni punitive, disciplinari o discriminanti, ma quelli di migliorare il clima aziendale, di apportare dei cambiamenti che aumentino il livello di motivazione, che vadano a colmare lacune o falle varie nel sistema, di intraprendere importanti iniziative quali quelle di tipo formativo o di job design o anche solo per far sapere ai dipendenti che sono importanti, che sono considerati risorse umane e non macchine da produzione, e come tali l’ Azienda li ascolta!;
  4. passare dalla teoria all’azione, concretizzando gli scopi illustrati, da un lato per dare credibilità, dall’altro per non commettere l’errore spesso diffuso di far passare ai dipendenti di aver solo perso e fatto perdere, tempo e soldi, per raccogliere dati che poi sono finiti nel “dimenticatoio”!!!

Fonti:

  1. Dispense modulo HR management – corso “Assistente del personale” – Lugano Business School
  2. “Tecniche dell’intervista e del questionario” – V.L.Zammuner

Bibliografia consigliata

 

Questo articolo è offerto da:

Rovena Bronzi
Job Coach| Work life balance | Cv writer | Assistente del personale con certificato HRSE
Mi chiamo Rovena Bronzi e abito in provincia di Varese. Dopo aver conseguito una laurea in psicologia del lavoro e nel 2018 un titolo svizzero di assistente del personale, attualmente mi occupo in Canton Ticino di segretariato e amministrazione del personale. In Italia sono job coach, tutor e Cv writer: alleno, oriento e motivo, attraverso percorsi individuali e di gruppo, a «USCIR A RIVEDER LE STELLE» con creatività, leggerezza e piacere, nella ricerca di un nuovo lavoro, nel cambiamento professionale e nella ricerca di una conciliabilità lavoro – famiglia – tempo libero.

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