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La Formazione Esperienziale: un acceleratore di processi
Dall’esperienza diretta all’apprendimento attivo: come il coinvolgimento personale trasforma le competenze
di Mike Manica
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Non so se sia capitato anche a voi di imbattervi in articoli, siti e libri che garantivano: in 10 passi, 20 giorni, 30 mosse il raggiungimento di obiettivi straordinari o l’acquisizione di competenze paranormali, … tanto che quando vedo titoli roboanti, ahimè parto già prevenuto.
Mi sono dovuto ricredere, quando ho conosciuto e provato l’attività esperienzale in ambito formativo. Una tipologia d’insegnamento che agisce sull’individuo come persona affinché l’esperienza possa insegnare come meglio agire, creando artificialmente ciò che la vita quotidiana o professionale non sempre offre: un contesto protetto in cui sperimentare, riflettere e migliorare, senza il timore di commettere errori. Di cosa si tratta?
Che cos’è la formazione esperienziale?
La formazione esperienziale è una metodologia di apprendimento che si basa sull’idea che l’esperienza diretta sia uno degli strumenti più efficaci per acquisire nuove competenze e conoscenze. A differenza dei metodi tradizionali, che spesso si concentrano su lezioni frontali o l’apprendimento teorico, la formazione esperienziale coinvolge attivamente i partecipanti in attività pratiche. Queste attività, strutturate sotto forma di esercizi, simulazioni o giochi, mettono gli individui di fronte a situazioni reali o realistiche, nelle quali sono chiamati a prendere decisioni, risolvere problemi e collaborare con gli altri.
L’obiettivo principale di questo approccio è quello di far emergere le dinamiche personali e di gruppo che si verificano anche nella vita quotidiana, al lavoro o in famiglia, per poi riflettere su di esse. Non si tratta semplicemente di “fare qualcosa”, ma di sfruttare le esperienze vissute durante queste attività per estrarre insegnamenti applicabili a vari contesti.
Il ciclo di apprendimento secondo David Kolb
Negli anni settanta, lo psicologo statunitense David Kolb ha proposto una teoria dell’apprendimento che ha rivoluzionato il modo in cui comprendiamo il processo di acquisizione di competenze e conoscenze. Secondo Kolb, l’apprendimento non è un processo lineare, ma piuttosto un ciclo continuo e dinamico, suddiviso in quattro fasi principali che si susseguono in modo ciclico. Ogni fase del ciclo è collegata alle altre e tutte insieme formano un modello di apprendimento esperienziale che può essere applicato in vari contesti educativi, lavorativi e di sviluppo personale.
Le quattro fasi del ciclo di apprendimento di Kolb sono:
- Esperienza concreta (Concrete Experience):
Questa è la fase in cui l’apprendimento inizia con l’esperienza diretta. L’individuo è coinvolto in un’attività pratica, un compito o una situazione che richiede azione. Questa esperienza può essere qualcosa di nuovo oppure una reinterpretazione di un’esperienza precedente. È una fase in cui il soggetto è pienamente immerso nell’attività e vive le situazioni in prima persona. Ad esempio, in un contesto formativo, potrebbe trattarsi di una simulazione, di un gioco di ruolo o di un progetto concreto. L’aspetto fondamentale di questa fase è che l’individuo entra in contatto con l’ambiente e interagisce attivamente con esso. - Osservazione riflessiva (Reflective Observation):
Dopo aver vissuto l’esperienza, l’individuo passa alla fase di riflessione. Qui, il soggetto osserva e analizza ciò che è accaduto durante l’esperienza concreta. Si tratta di un processo di auto-osservazione e valutazione critica, in cui si cerca di comprendere quali sono stati i punti di forza e le debolezze, cosa ha funzionato e cosa no. In questa fase, è importante distaccarsi emotivamente dall’esperienza per poterla esaminare in modo obiettivo. Si possono analizzare le reazioni personali, le dinamiche di gruppo o le implicazioni delle decisioni prese. È una fase di profonda introspezione che permette di dare senso all’esperienza vissuta. - Concettualizzazione astratta (Abstract Conceptualization):
Una volta completata la riflessione, l’individuo passa alla fase di astrazione, dove trasforma l’esperienza e l’osservazione in concetti generali o teorie. Questa fase consiste nel formulare modelli teorici o principi generali che spiegano ciò che è accaduto durante l’esperienza. L’apprendimento, in questo caso, avviene quando il soggetto riesce a collegare l’esperienza vissuta con concetti astratti o teorie più ampie. Per esempio, in un contesto aziendale, un gruppo di lavoro potrebbe riflettere su come la mancanza di comunicazione abbia influenzato il risultato di un progetto e arrivare alla conclusione che una comunicazione efficace è un principio fondamentale per il successo del team. - Sperimentazione attiva (Active Experimentation):
L’ultima fase del ciclo di Kolb è la sperimentazione attiva. Qui, l’individuo applica le conclusioni teoriche sviluppate nella fase precedente a nuove situazioni reali o simulate. Questa fase consiste nell’utilizzare quanto appreso per migliorare le proprie performance o affrontare nuove sfide. Si tratta di una fase in cui si mettono in pratica le nuove conoscenze e si sperimenta nuovamente, generando nuove esperienze che alimenteranno il ciclo in modo continuo. Ad esempio, in seguito all’osservazione che una cattiva comunicazione ha portato a un fallimento in un progetto, il gruppo potrebbe applicare nuove tecniche di comunicazione e collaborazione per migliorare il prossimo progetto.
Dalla teoria alla pratica: l’apprendimento attivo
Partendo da questo concetto si è sviluppata una tecnica formativa che coinvolge in prima persona i partecipanti, cambiando completamente il paradigma dell’apprendimento ossia passando dalla fase passiva in cui il discente apprende da lezioni frontali, visione di filmati o letture di testi, alla fase attiva in cui, l’esercitato, vive un’esperienza così intensa, tale per cui l’ introspezione permette l’apprendimento.
Un esempio pratico di formazione esperienziale
In tale contesto si genererebbero le stesse dinamiche ritrovabili in ambito lavorativo, privato e famigliare che se ben conosciute e governate fanno la differenza tra il raggiungimento o meno di un obiettivo e nella facilità o difficoltà di operare in maniera fluida e sinergica.
Il valore del debriefing
Un’attenta fase di debriefing effettuata con la guida di un esperto di questa tipologia di apprendimento guiderebbe il team attraverso le proprie emozioni, ripercorrendo i processi delle attività per poi riportare nel mondo di tutti i giorni tali dinamiche, al fine di apprendere un modo nuovo e più efficace di comportarsi.
Il potere dell’apprendimento ludico
Detto così sembra quasi magia, in realtà il gioco è un’attività veramente seria, basta vedere un gruppo di ragazzini che giocano a calcio in un campetto, la passione e la grinta che mostrano sembra quella di una finale ai mondiali, pensate ad un gruppo di colleghi!
Allora perché non apprendere giocando? Mal che vada ci saremmo divertiti!
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L’articolo è sicuramente interessante e utilissimo: non si finisce mai di riportare all’attenzione teorie e approcci che hanno certamente rivoluzionato il modo di pensare l’apprendimento, in particolare quello attivo. Tuttavia, pur apprezzandone il valore, ritengo che il modello di Kolb presenti alcune limitazioni, soprattutto se confrontato con altre metodologie già in uso.
Un primo limite risiede nell’eccessiva rigidità del ciclo. Kolb propone una sequenza fissa di fasi, come se il processo di apprendimento dovesse sempre seguire questo schema. Invece, nella realtà formativa, l’apprendimento è spesso meno lineare: non tutti i partecipanti necessitano delle stesse fasi, né è detto che si debba passare da una fase all’altra in ordine. Altre metodologie – come il “problem-based learning” (PBL) seppur anteriore in quanto formulato negli anni Sessanta – mostrano maggiore flessibilità, permettendo di affrontare direttamente il problema – focus dell’analisi e sperimentazione – e riflettendo in modo dinamico e personalizzato, in considerazione anche delle competenze professionali di chi è coinvolto.
Un altro aspetto critico è la generalizzabilità del ciclo di Kolb a diversi contesti culturali e professionali. Il modello è stato sviluppato negli anni Settanta, in un’epoca in cui l’insegnamento era ancora molto basato su lezioni frontali. In contesti lavorativi dinamici, dove l’apprendimento avviene spesso in maniera più rapida e interattiva, la riflessione prolungata suggerita da Kolb potrebbe risultare superflua. Metodi come il “learning by doing” o il “design thinking”, ad esempio, favoriscono l’azione immediata e l’adattamento continuo, senza bisogno di passare attraverso una concettualizzazione teorica formale.
Ringrazio l’autore dell’articolo per avermi ricordato l’importante contributo innovativo di Kolb, che ha aperto nuove prospettive sull’apprendimento esperienziale. Tuttavia, ritengo che oggi il suo modello debba essere arricchito con approcci più dinamici e interattivi, che sfruttino le potenzialità delle tecnologie digitali e degli ambienti di simulazione. Solo così potrà continuare a essere efficace in un contesto moderno, sempre più caratterizzato da innovazioni tecnologiche e rapide trasformazioni.