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E se la vera emergenza fosse vivere sempre in emergenza?
a cura di Simone Pazzagli
Viviamo dentro un ritmo che accelera ogni giorno. Tutto è urgente. Tutto è importante. Tutto è una priorità.
Riunioni “non rimandabili”. Lavori “da consegnare ieri”. Email che “richiedono risposta immediata”.
Siamo immersi in una cultura della reattività costante, dove la fretta è diventata un valore.
Ma lavorare sempre in emergenza non significa essere più produttivi. Significa consumare risorse, energie, lucidità. Significa costruire organizzazioni nervose, dove la calma è sospetta e la pianificazione è vista come lentezza.
La trappola dell’emergenza continua
Molte aziende finiscono per premiare chi resta fino a tardi, chi risponde alle mail alle 23, chi è sempre connesso.
Ma questa corsa continua impoverisce la qualità del pensiero. Brucia energie a lungo termine.
Trasforma i team in macchine reattive, non creative.
In realtà, ciò che manca non è il tempo, ma il coraggio di stabilire cosa conta davvero.
Un gesto semplice per cambiare rotta
Provate a fare un piccolo esperimento organizzativo: vietare l’uso della parola “urgente”, almeno per un giorno.
E ogni volta che qualcuno la pronuncia, chiedete: “Perché è urgente? E per chi?”
Non per creare ostacoli, ma per rimettere al centro il criterio.
Perché l’urgenza vera esiste. Ma non tutto lo è.
E quando tutto è urgente, in fondo, nulla lo è davvero.
Il lavoro non è uno sprint continuo
Nel mondo dello sport, anche gli atleti più forti alternano sforzo e recupero.
Perché senza recupero, il corpo cede.
Nel lavoro accade la stessa cosa: senza tempo per pensare, riflettere, rigenerare… le persone si spengono.
Tre domande per ritrovare il ritmo giusto
- Che rapporto ho con la calma? So stare in uno spazio non reattivo senza sentirmi colpevole?
- Cosa muove il mio agire? Sto costruendo qualcosa o rincorro solo scadenze?
- Che valore porterei, se rallentassi il giusto? E se provassi a scegliere dove mettere attenzione?
Conclusione
Forse il vero atto rivoluzionario oggi non è reagire.
È scegliere e decidere cosa vale davvero. Rimettere la qualità sopra la quantità e la profondità sopra la velocità.
La calma non è passività. È potere concentrato.
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Risorse aggiuntive:
Libri consigliati:
- Francesco Muzzarelli e Francesco Tamba “Governare il tempo La soft skill fondamentale per stressarsi con metodo e ottenere di più“, Franco Angeli, 2023
- Eleonora Mauri e Silvio Trombetta “#ASAP As Sustainable As Possible. Come gestire il tempo quando l’urgenza diventa normalità“, Franco Angeli, 2024
- Giorgia Raballo, Quanto costa il nostro tempo? Come gestire il tempo per un lavoro più efficace e relazioni più solide, Self-pubblshing, 2025
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- Legge di Parkinson e la gestione del tempo
Glossario
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Cultura della reattività: Modalità organizzativa in cui la rapidità di risposta viene costantemente premiata, spesso a scapito della qualità e della pianificazione.
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Produttività sostenibile: Capacità di lavorare in modo efficace nel lungo periodo senza danneggiare il benessere fisico e mentale delle persone.
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Falsa urgenza: Situazione percepita come urgente senza una reale necessità oggettiva, spesso generata da pressioni organizzative o abitudini distorte.
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Burnout: Stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale causato da stress lavorativo cronico e prolungato.
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Sprint continuo: Condizione di lavoro in cui le persone sono costantemente sotto pressione senza fasi di recupero, con effetti negativi sulla performance e sulla salute.
FAQ
[clicca sulla domanda per visualizzare la risposta]
Perché lavorare sempre in emergenza è dannoso?
Come riconoscere una falsa urgenza?
Quali sono le conseguenze di una cultura aziendale basata sull’urgenza continua?
Come si può contrastare la cultura dell’urgenza in azienda?
Qual è il beneficio di introdurre momenti di calma nel lavoro quotidiano?
E se la vera emergenza fosse vivere sempre in emergenza?
In sintesi: l’articolo riflette criticamente sulla cultura aziendale dominata dall’urgenza continua. Vivere e lavorare costantemente in emergenza non aumenta la produttività, ma consuma risorse fisiche e mentali, minando la qualità del pensiero e la capacità creativa. Viene sottolineata l’importanza di distinguere ciò che è realmente urgente da ciò che non lo è, promuovendo la pianificazione e la consapevolezza. L’autore propone un cambio di paradigma: privilegiare la qualità rispetto alla velocità e recuperare il valore della calma come strumento di efficacia, non come segno di inefficienza.